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Farmacia Visini

OBESITÀ E DISTURBI METABOLICI

La società in cui viviamo ci mette costantemente dinanzi modelli estetici in cui la forma fisica sembra essere un obbligo imprescindibile. Tutto ciò sembra quasi inevitabile in un mondo in cui troppo spesso l’esteriorità prevale su qualsiasi altro elemento. Tuttavia, se analizziamo la questione da un punto di vista di logica sanitaria, per quanto strano possa sembrare, si arriva alle medesime conclusioni: essere in forma da un punto di vista fisico è un elemento molto importante per stare bene in termini di salute.

Molti paesi al mondo combattono quasi costantemente con i problemi di una società che tende a travalicare i limiti del sovrappeso sconfinando nell’obesità: i dati ci dicono che questo problema è in costante crescita, soprattutto, ma non solo, nei paesi dove il benessere va di pari passo con l’opulenza e l’abbondanza, ovunque e quindi anche nel mangiare. A questo si aggiunga che a far da contraltare alla crescente diffusione di diete di vario tipo, teoricamente improntate a donare a chi le segue un miglior stato di salute e un minor rischio di sviluppare malattie correlate al metabolismo, si affianca un’altrettanto crescente diffusione del cosiddetto “junk-food”, ovvero il “cibo-spazzatura”, assai povero da un punto di vista nutrizionale ma estremamente carico da un punto di vista delle calorie e dei grassi saturi; il tutto dentro una società in cui i ritmi e le richieste in termini di produttività sono in crescente continuo aumento, con conseguente strozzamento del tempo libero in cui gli individui possano dedicarsi a sé stessi e al proprio benessere fisico. Tutto questo si traduce in una società in cui la forbice tra chi persegue ostentamente la perfetta forma fisica e chi non riesce (o non vuole….esiste anche il fenomeno dell’impigrimento progressivo) a dedicare al movimento e allo sport nemmeno un momento in tutta la giornata si allarga sempre più. 

Nel contesto di questo articolo, il conseguimento della perfetta forma fisica (essere “fit”) per puri fini estetici non è minimamente di interesse, mentre lo è assolutamente in relazione al cosiddetto “wellness”, lo stare bene inteso come benessere fisico/mentale/di salute. 

Ma perché è così importante da un punto di vista della salute evitare gli stati di sovrappeso, ovviamente in modo particolare se eccessivi? In che modo l’eccesso di grasso corporeo incide sulla condizione dell’individuo al punto da forzare alcuni governi a varare misure restrittive a carico dei cittadini? L’obesità e il sovrappeso marcato costituiscono uno dei principali fattori di rischio di sviluppare tutta una serie di malattie, da quelle dell’apparato cardiovascolare, al diabete di tipo 2, alla sindrome metabolica fino ad arrivare agli stati degenerativi da usura dell’apparato muscolo scheletrico costantemente in sovraccarico. Inoltre, un eccesso di grassi è correlato all’aumento statisticamente significativo del rischio di malattie epatiche e sembra essere correlato ad aumentata incidenza di alcuni tumor

La definizione di sovrappeso e di obesità si applica ad individui il cui BMI (Body Mass Index – Indice di massa corporea – rapporto tra peso e altezza al quadrato) è al di sopra del 30: in altre parole, il peso idoneo di un individuo cresce in ragione della sua altezza. Esistono diversi livelli di sovrappeso/obesità, definiti in base al valore di BMI dell’individuo: tanto più alto è il grado di obesità, tanto maggiore il rischio correlato alla salute. 

Naturalmente, il dato nudo e crudo del BMI non può di per sé stesso essere sufficiente a definire le condizioni corporee di ogni individuo: sembra ovvio, ma forse giova ricordare che non pesa solo il grasso, ma anche muscoli e ossa, oltre all’acqua contenuta nel nostro corpo. Per questa ragione, a parità di peso corporeo e di altezza, quindi di BMI, due individui potranno essere differentemente inquadrati, e quindi differentemente trattati relativamente al rischio metabolico correlato al peso, a seconda della composizione relativa degli elementi che compongono il corpo umano: l’analisi del peso corporeo dovrà essere completata con la valutazione dei diversi indici di massa magra e massa grassa, oltre che, come detto, della quantità di acqua presente e della struttura dello scheletro. 

Per ottenere questa valutazione, è necessario fare uso di uno strumento che si chiama “bilancia impedenziometrica”: questo strumento fa passare attraverso il corpo una corrente elettrica a bassissimo voltaggio (non percepita dal soggetto) ed è in grado, tramite la rilevazione della conduttanza elettrica attraverso i diversi tessuti, dalla pianta dei piedi (poggiati su elettrodi) alle estremità delle mani, di definire un quadro più preciso della distribuzione del grasso viscerale e degli altri elementi presenti1. In ragione della quotaparte di grasso viscerale, ovvero quello più saldamente attaccato alle ossa dello scheletro, e quindi più difficile da eliminare, aumenterà il rischio di sviluppare problematiche cardiovascolari (il rischio di ipertensione ma anche di eventi cardiaci acuti aumenta in modo proporzionale) ma soprattutto malattie metaboliche, prima fra tutte la cosiddetta Sindrome Metabolica, una condizione multifattoriale in cui diversi parametri legati al metabolismo e al funzionamento del corpo umano risultano fuori dai range di tolleranza: diabete, insulinemia (livello di insulina nel sangue), colesterolo (soprattutto la parte definita “colesterolo cattivo”, ovvero le cosiddette Lipoproteine a bassa densità-LDL), trigliceridi, pressione arteriosa, indici epatici. 

La Sindrome metabolica è, come detto, una condizione definita da diversi parametri e per questo sembra essere molto più diffusa di quanto si pensi: da studi condotti nell’ultimo decennio, sembra interessare, in misura diversa e con effetti differenti sia sulla salute sia su eventuali percorsi terapeutici da seguire, circa un quinto della popolazione adulta del nostro paese e più in generale della parte di mondo in cui viviamo. L’origine di questa sindrome sembra essere correlata alla cosiddetta resistenza insulinica: la produzione di questo ormone dai tessuti pancreatici non è inefficiente, anzi, in molti casi è al di sopra del limite, creando uno stato di iperinsulinemia, che studi recenti hanno correlato ad aumentato rischio di cardiopatie ischemiche. La resistenza insulinica si manifesta quando l’Insulina secreta non riesce a combinarsi in modo adeguato ai suoi recettori per cui non riesce a esplicare la sua funzione.

La sindrome metabolica non è sempre sintomatica. Anzi, molto spesso rimane sotto la soglia in cui determina effetti facilmente individuabili come la pressione arteriosa particolarmente alta o il diabete mellito di tipo “2”. Spesso, per confermare la diagnosi di Sindrome metabolica, è necessario sottoporsi ad accertamenti più mirati:

  • la valutazione della curva glicemica (si misura la glicemia a digiuno e due ore dopo il pasto per i tre pasti principali della giornata)

  • misurazione dell’indice glicemico post-prandiale (si valuta il tempo necessario perché la glicemia scenda, dopo il pasto, al livello in cui era a digiuno)

  • misurazione del livello di insulina nel sangue circolante a digiuno (insulinemia). 

Proviamo a spiegare meglio questo passaggio. Quando mangiamo, il processo digestivo porta ad un aumento della quantità di zuccheri nel sangue (la glicemia): in seguito a questo aumento, il pancreas risponde rilasciando nel torrente sanguigno un ormone chiamato Insulina, in quantità proporzionale al livello di glucosio; l’azione dell’Insulina è quella di captare gli zuccheri nel sangue e condurli nei siti deputati a consumarli per produrre energia per il nostro corpo; il risultato è che la glicemia torna ad abbassarsi in un lasso di tempo  definito. 

Ci sono però situazioni in cui questo processo non avviene o risulta inefficiente. Nei casi, infatti, in cui la produzione di insulina risultasse insufficiente o del tutto assente, si avrebbero pazienti con diagnosi di Diabete di tipo 1 (insulina assente) o di tipo 2 (insulina insufficiente). Questi pazienti presentano alti livelli di glicemia a digiuno e lento re-uptake del glucosio, ovvero il tassi glicemico dopo i pasti scende più lentamente: per ovviare al problema, sono necessarie terapie ipoglicemizzanti farmacologiche, di diverso genere a seconda del tipo di Diabete diagnosticato. 

Nel caso della Sindrome metabolica, il livello di glucosio a digiuno non è necessariamente alto, ma l’inefficacia dell’Insulina prodotta porta a un allungamento della curva glicemica: gli zuccheri restano in circolo più a lungo nonostante i livelli di Insulina nel sangue siano alti. La terapia indicata è quella con farmaci ipoglicemizzanti orali (principalmente Metformina).

Un altro aspetto caratteristico della sindrome metabolica sono l’Ipercolesterolemia e l’Ipertriglicidemia in pazienti con un regime alimentare controllato e una dieta povera di grassi saturi e colesterolo, ovvero in assenza di fattori esogeni che possano giustificare questi parametri. Questi pazienti presentano normalmente un accumulo di grasso viscerale soprattutto a livello dell’addome. A causa della resistenza insulinica, anche il metabolismo lipidico viene alterato: il risultato è l’inefficacia di alcuni enzimi deputati ad abbassare i livelli dei Trigliceridi e del Colesterolo LDL (ricordiamo, quello definito “cattivo”), la cui produzione tende invece ad aumentare. Entrambi questi parametri costituiscono un fattore di rischio per malattie cardiovascolari. Anche in questi pazienti si rende necessario instaurare una terapia farmacologica per riportare il Colesterolo entro livelli non pericolosi. 

In definitiva, quella che si è delineata con la definizione di Sindrome metabolica sembra essere una costellazione di elementi, legati al metabolismo, in molti casi solo lievemente alterati ma in grado, lavorando in sinergia, di creare un quadro di rischio significativamente aumentato di malattie croniche e acute a carico dell’apparato cardiovascolare. Il fatto che questa moltitudine di parametri sia spesso solo lievemente fuori dai valori di riferimento rende questa sindrome meno semplice da diagnosticare, e in molti casi porta i pazienti a sottovalutare il proprio stato di salute; tuttavia il rischio complessivo che la sinergia dei diversi elementi comporta rende decisamente opportuno indagare in modo accurato e seguire scrupolosamente le terapie prescritte. 


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